Ancorare ad Ischia

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Il mare «vietato» di Ischia: «Puoi ancorare solo se pernotti o mangi al ristorante»
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– voma-
Pubblicato in 3rd August 2010 Numero di visite: 34

il caso sta scatenando la protesta

L’àncora può essere calata a patto però che si dorma almeno una notte sull’isola: altrimenti multa e denuncia

NAPOLI — Salvate la Posidonia dei nostri fondali dalle minacciose àncore delle barche. O, per essere più precisi, dalle àncore (dei proprietari) delle barche che non pagano. E sì, ché tra Ischia e Procida la battaglia ecologica è guerra che va combattuta ad ogni costo, nel senso letterale del termine. Il costo dell’albergo, quello del ristorante, quello dell’autorizzazione all’ancoraggio. Così, almeno, ha deciso il consorzio che gestisce l’area marina protetta «Regno di Nettuno» (ammesso che Nettuno, con tutto quello schifo che c’è in mare, non abbia fatto già le valigie e si sia trasferito altrove). E quel provvedimento ora scatena le reazioni di diportisti e ormeggiatori.

Il principio, beninteso, è sacrosanto. Il Consorzio di gestione ha deciso di salvaguardare l’area. Troppe àncore che arano quei fondali e danneggiano la Posidonia. Solo che, invece di vietare l’ancoraggio o, chessò, di mettere delle boe, s’è deciso che la Posidonia può essere rovinata a pagamento. La storia funziona così: chi vuole fare un bagno ad Ischia deve ottenere l’autorizzazione all’ancoraggio della barca, una concessione che viene rilasciata (al prezzo di 10 euro alla settimana per i natanti, 20 per le imbarcazioni) solo se si pernotta almeno una notte a Ischia o Procida e si lascia dunque la barca in uno dei porti. La multa, sanzione che va da 50 a 1.000 euro, può essere evitata anche andando a pranzo in uno dei ristoranti dell’isola: è sufficiente esibire la ricevuta all’atto del controllo e via. Chi invece non ha intenzione di dormire sull’isola o vuole cucinare in barca, è costretto a far rotta su altre isole (fatto il conto nel Golfo resta solo Capri). Il ticket si paga anche altrove, per carità. Solo che, ad esempio, per ancorare alla Maddalena è sufficiente versare 20 euro per una barca di dieci metri, senza però essere costretti a restare lì la notte. «È un’imposizione incostituzionale dice Lino Ferrara, presidente dell’Unione nazionale armatori da diporto.

Che questa storia del mare a numero chiuso proprio non riesce a mandarla giù: «È un regolamento incomprensibile, vorrei capire cosa fanno per tutelare i fondali. Le zone sono suddivise senza che nessuno ne sappia nulla. E se il principio del parco marino è corretto, il Regno di Nettuno è un’aberrazione che sta facendo fuggire i turisti da Ischia». Sarà per questo che i primi ad essere sul piede di guerra sono gli ormeggiatori. Che magari potranno essere tacciati di poco coraggio perché chiedono l’anonimato, ma la vicenda la riassumono con fulminante sagacia: «L’àncora del non residente rompe la Posidonia? Be’, lo fa anche quella del residente». Uno degli operatori storici dell’isola (F., anche lui teme imprecisate ritorsioni) dice che «il calo di barche che vengono a Ischia è quantificabile in circa il 40%». E a perderci sono tutti, ché se prima «al mattino i diportisti accostavano, facevano shopping e andavano alle Terme, al Negombo o nei ristoranti della Riva destra», adesso « non vengono più qui » . L’estate del mare a numero chiuso «ci sta facendo perdere tantissimi clienti, perché la gente ragiona così: durante la settimana vengo a fare il bagno, il week end magari mi fermo. Ma se noi dal lunedì al venerdì li cacciamo via, il sabato e la domenica non ci tornano mica».

Un esempio? «C’era un’imbarcazione di trenta metri ancorata al largo del Castello, a bordo una famiglia di americani. È arrivata la barchetta della vigilanza e li ha mandati via». E loro? «Non hanno battuto ciglio, motori accesi e rotta verso Capri. Lo fanno in molti, perché lì queste cose non accadrebbero mai. E infatti ci stanno rubando tutti i turisti che perdiamo in nome della finta battaglia per la tutela del mare». Peccato che, in quello stesso tratto di mare dove si àncora solo a pagamento, uno studio di fattibilità commissionato proprio per la creazione dell’area marina protetta abbia censito 100 scarichi abusivi. «Il principio del chi rompe paga non vale più. Qui si paga per rompere. Vedrete, le barche non arriveranno più. E i soldi neppure». Magari finirà che a Ischia converrà andarci con l’aliscafo e restarsene a terra. In fondo, per dirla con Truman Capote, «vivere su un’isola è come vivere in una nave ferma al largo perennemente ancorata». E senza pagare il ticket.

Gianluca Abate
http://corrieredelmezzogiorno.corrie…11190298.shtml

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