COME I CINESI VOLUME PRIMO – L’ESTATE CON LA PARRUCCA – IL LIBRO DI SONIA
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Titolo: “Come i cinesi volume primo“.
I tuoi occhi
sono rupi
le tue ciglia
cipressi
la tua fronte
è una marina
Dettagli del prodotto:
146 pagine,
6″ x 9″,
rilegatura termica rilegatura,
60# crema carta per l’interno,
B/N inchiostro per l’interno ,
100# bianco carta per l’esterno,
in quadricromia inchiostro per l’esterno
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L’ESTATE CON LA PARRUCCA
PARTE PRIMA
CAPITOLO 2°
Quell’ultimo ristorante su quell’ultima fetta di spiaggia. Dove la rena tradisce i segni della sua origine: la roccia, gli scogli.
E dove il mare, chiuso da essi tradisce il suo furore schiaffeggiandoli placidamente, e li rode e se ne libera, placidamente.
C’è tutto quanto serve a fare il più “lisciato” quadro di una città accaldata ed affaticata: il verde – nell’acqua e nel cielo – di una scritta luminosa, il mescolarsi del buffo del mare col canto di un uomo.
Luigi. Un uomo?
Il canto di tutta una vita.
Una vita non sua.
Non è quell’uomo che coglie le cozze che canta.
Che serve, vecchio, tutta una faccia di zigomi, che serve le cozze e vive come un nostro antenato, sul mare, dorme in una stanza di legno sul mare, si lava di mare e si nutre di mare; è triste col mare, calmo forte e testardo col mare.
Come il mare.
Non è lui che canta. Canta la voce della malinconia, della tristezza di tutti coloro che sono vissuti schiavi nel comprendere solo di non comprendere ed essere stanchi.
«So’stanc’. Sto’ cantann re sei.»
A comprendere solo di essere un’altra cosa, una cosa diversa, non curata, inutile.
«Pe’ sta’ luntane assaie,»
Non desiderata, cosa, odiata, non odiata, indifferente, morta, sopravvissuta.
«E tu nun piense a me.».
IL LIBRO DI SONIA
Capitolo primo
…. Tratteggiando l’orlo del baratro, le ginestre (fiore amato dalla mia donna) stratificavano “fotogrammetrate” nel lento percorso, sinuoso per coste scoscese, di un treno partito da una notte del nord ed ora ficcato finalmente, nell’alba già lucida, su mari e monti di borghi antichi siciliani.
Sonia ad un passo dai quaranta anni viveva fisicamente non oltre l’agitazione degli occhi su squarci di luci, e, solo a tratti in strette decise delle mani che sbiancavano il tenue rossore del primo sole di tarda primavera imprigionato dalle sue dita – lunghe e delicate -. Sonia per altro immobile, sporgendo un taglio di viso in offerta al fruscio dell’aria violenta e quasi tagliente – arrotolata tra i capelli -, Sonia pensava:
“Chissà cosa farò da qui ad un mese, o cosa penserò in quel giorno di luglio, oppure in un qualsiasi altro giovedì 11 Settembre, 18 Settembre, nel Dicembre 198…
Oggi, so troppo bene quel che penso e quel che faccio e quel che so.
Che strano, oggi la primavera è forte, la terra sirisveglia, nascono tutti i fiori che mi piacciono tanto e muore tutto ciò che mi piaceva tanto.
Accetto di riconoscermi. Accetto di riconoscermi perché mi sento sola come non mai, peggio, sola come sempre. Accetto di riconoscere anche la mia solitudine.
Amore, affetto, comprensione, intese, solitudine, solitudine, solitudine, solitudine. Chi avrebbe potuto prevedere che tutte le mie incertezze si riproponessero ai miei quasi quaranta anni.span>
Quasi quaranta, uguale zero.
Mi sento come un eroe dimenticato, un vecchio quadro polveroso, la piccola violetta al centro del diario. I traguardi raggiunti, le paure superate, tutto daccapo. Essere, essere stata, aver voluto… non vale più.
Non c’è più niente in me, o meglio non ci sarà più niente, perché io non ho più niente da dargli, da chiedergli, nulla che assomigli a vorrei-se tu potessi-se ancora volessi-proviamo-ascoltami-ancora una volta…