Ifigonia in Culide

Ifigonia in Culide – Atto primo

IFIGONIA INCULIDE

Il dramma si svolge a Corinto nell’anno 69 d.C.  Questi sono i personaggi:

IL RE DI CORINTO

IFIGONIA, sua figlia

ALLAH BEN DUR, primo pretendente

DON PEDER ASTA, secondo pretendente

UCCELLONE, CONTE DI BELMANICO, terzo pretendente

KIRO HITO, SAMURAI, quarto pretendente

ENTER O’CLISMA, gran sacerdote

IN MAN LAH, gran cerimoniere

BEL PISTOLINO, elefante sacro

CORO, di nobili vergini e popolo

ATTO I

SCENA: Sala del Trono. Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo.

Entra il Gran Cerimoniere.
GRAN CERIMONIERE :  Popolo bruto, orsù snuda il banano,

non vedi che giunge l’amato sovrano? E’ il sir di Corinto dal nobile augello

qual mai fu visto piu’ duro e piu’ bello; il sir di Corinto dall’agile pene

terrore e ruina del fragile imene; il sir di Corinto dal cazzo peloso del buco del culo

ognora goloso.

POPOLO : Noi siamo felici, noi siamo contenti, le chiappe del culo porgiam

riverenti. Al nostro gentile ed amato sovrano sia dono gradito lo buco

dell’ano.
(Entra il re seguito dalla Corte)

RE:  La gioia che mi doni, o popolo, e’ si grande che piu’ l’uccello regio non

sta nelle mutande; per mio real decreto da stamattina distribuite ai poveri

gratis la vaselina. Voglio sian compensati i sudditi fedeli: In cul pigliatel

pure, ma state attenti ai peli. (Segni di manifesta gioia)

GRAN CERIMONIERE :  Ed ora fuori tutti dai coglioni per lasciar posto a principi

e baroni.
( Il popolo fa largo ed entrano i nobili che si dispongono ai lati  del trono;
Ifigonia entra, seguita dalle vergini, e si butta piangente ai   piedi del trono.)
CORO DELLE VERGINI : Noi siamo le vergini dai candidi manti, siam rotte di

dietro ma sane davanti; i nostri ditini son tutti escoriati a furia di cazzi

che abbiamo menati. Nell’arte sovrana di fare i pompini battiamo le troie di

tutti i casini; la lingua sapiente e l’agile mano dan gioia e sollievo al duro

banano.

IFIGONIA : Padre mio, padre mio, già son presa dal desio ; ho gia’ un dito che fa

male per l’abuso del ditale, ho la fica che mi tira come corda di una lira,

sto soffrendo atroci pene pel prurito dell’imene, nella fica mi son messa la

manopola del cesso, mi ficcai nella vagina la piu’ grossa colubrina, mi son

messa dentro il buso sino il cero di Caruso; padre mio, si’ forte e bello, ho

bisogno di un uccello, di un uccel di nobil schiatta che mi sballi la

ciabatta, di una fava grossa e dura che mi spelli la natura. Padre mio se non

mi sposo, finiro’ nel water closo.

RE : Giuste son le tue brame, o figlia beneamata, se non ti fossi padre forse t’avrei

chiavata; alla regal consorte, tua madre, la regina, ne ho fatte

diciassette soltanto stamattina. E debbo alle mie brame io stesso porre freno,

se no ogni tre minuti il bandolo mi meno. Or sento gia’ un prurito nel fondo

dei coglioni vedendo tanti culi di principi e baroni.

POPOLO : Noi siamo felici, noi siamo contenti, si rizzino i cazzi tuttora

pendenti, Madonna Ifigonia, soave e pudica, gia’ sente prurito nell’inclita

fica; che Giove possente, che Venere bella le facciano dono di tale cappella

che il culo le rompa, le rompa l’imene e in fine la tolga da tutte le pene.

Sia pago il desio della vergine cara meniamoci il cazzo in nobile gara.

(Tutti eseguono)
IFIGONIA: Quanta fava, quanta fava, ma perche’ nessun mi

chiava? Su ficcatemi l’uccello nella fica o nel budello; nella fica o nel

sedere ve lo chiedo per piacere. Deh! Non fatemi soffrire, ve lo chiedo per

tre lire.

RE : Udendo queste ataviche e oneste aspirazioni d’orgoglio mi ribolle lo sperma

nei coglioni. Con animo commosso vedo dai bianchi veli spuntare lunghe e nere

le punte dei tuoi peli. Il sacerdote venga, si appresti al sacrificio. Enter  O’Clisma tosto ne tragga lieto auspicio.

GRAN CERIMONIERE : S’avanzi Enter O’Clisma, il sacerdote, dal culo piu’ vezzoso

delle gote.
(Entra il sacerdote)

GRAN SACERDOTE : Al sire di Corinto, signore degli Achei, auguro cazzi in culo

non men di centosei

RE : Al grande sacerdote d’ogni rispetto degno. si doni come omaggio un bel cazzo

di legno

GRAN SACERDOTE : Il tuo omaggio, o sire, mi rende il cuore gaio pero’ l’avrei

piu’ caro di ben temprato acciaio.

POPOLO : Noi siamo felici, noi siamo contenti, prendiamo l’uccello ben stretto fra

i denti; al gran sacerdote quel cazzo d’acciaio il culo riduca si’ come un

mortaio.

GRAN SACERDOTE : Son corso immantinente alla regal chiamata lasciando cosi’ a

mezzo la settima chiavata. Sono pero’ sicuro, se il ciel non me lo nega, che mi

compenserete con una bella sega. Esprimi i tuoi voleri, o sire venerando, in

fretta, te ne prego, non vedi come bando?

RE : Alla mia figlia amata, la pallida Ifigonia, da qualche tempo prude la

lucida begonia. Oh sacerdote eccelso, chiuditi in sacrestia, prendi l’uccello

in mano e fanne profezia

GRAN SACERDOTE : Immantinente eseguo i tuoi voleri, o re! nel regal culo t’auguro

cazzi novantatre.

IFIGONIA : Santo Dio, santo Dio, questa volta l’avro’ anch’io! Sospirando quel

bel lino, voglio farmi un ditalino, ve lo chiedo con permesso, vo’ a tirarmelo

nel cesso. (Fa per avviarsi)

RE (trattenendola) : Rimanti, o sconsigliata; il padre tuo diletto innanzi al

popol tutto ti grattera’ il grilletto, mentre il cerimoniere, memore del mio

impegno, m’inculera’ di dietro col suo cazzo di legno. Se con le bianche mani

mi tieni su i coglioni vedrai nella mezz’ora quaranta polluzioni.

POPOLO : Noi siamo felici, noi siamo contenti, il re ce l’ha duro in tutti i

momenti; seguiamo l’esempio del caro sovrano, facciamoci forza , pigliamolo in

mano!

GRAN SACERDOTE (entrando): Nel filtro del futuro apersi uno spiraglio,

mettendomi nel culo un mezzo spicchio d’aglio.

RE : I detti tuoi sapienti son rapidi e fatali come fuori dall’ano i nodi

emorroidali.

GRAN SACERDOTE : Seguendo il tuo consiglio, o re buono e sapiente, misi

l’uccello duro sopra un braciere ardente, lessai il coglion sinistro, ne bevvi

poscia il brodo, grande e divino auspicio traendone in tal modo: tra i

principi del sangue dal ben tornito uccello bandito sia il concorso con un

indovinello; che in fica di Ifigonia la bella non si vada, se pria non verra’ sciolta

almeno una sciarada!

(Cala rapida la tela sul primo atto)
Ifigonia in Culide Atto secondo

ATTO II

SCENA: La stessa sala. Sono presenti i principi pretendenti di Ifigonia col

loro seguito.

GRAN CERIMONIERE : Ecco sire immantinente vi presento il pretendente : ecco il primo Allah Ben Dur.

ALLAH BEN DUR : Ho riempito un orinale col sudore delle bale!

GRAN CERIMONIERE : Il secondo ecco s’appresta; il suo nome è Peter Asta

DON PEDER ASTA : Ho riempito un gran mastello colla broda dell’uccello!

GRAN CERIMONIERE : Viene poscia, mi vien panico, vi presento Uccellone di Belmanico.

UCCELLONE : Ho riempito tre bidoni colla broda dei coglioni!

GRAN CERIMONIERE : Dal Giappone pervenuto, ecco il quarto, Kiro Hito.

KIRO HITO : Ho riempito una caserma solamente con lo sperma!

GRAN CERIMONIERE (imponendo il silenzio) : S’avanzino senz’altro i pretendenti;

(rivolto al popolo) voi fate largo, ed al culo state attenti.

ALLAH BEN DUR : Io sono Allah Ben Dur dal poderoso uccello e vengo dall’Arabia a

dorso di cammello; il viaggio fu assai lungo e senza tappe sicche’ dal gran

sudore mi bruciano le chiappe. Raggiunta in fin la meta di si’ tremendo

viaggio ho piedi, culo e fava che puzzan di formaggio. Sul dorso di cammello so

far mille esercizi, infransi piu’ di un culo all’ombra dei palmizi. I miei

coglion lucenti, senza badare al puzzo, sembrano per volume le uova di uno

struzzo; son bruno, ardito e forte, devoto mussulmano, son dell’Arabia intera

certo il miglior banano. Ai vostri piè depongo il mio ferrato uccello. Con

l’aiuto di Allah sciorro’ l’indovinello.

IFIGONIA : Avvenne un di’ che un nobile prelato lo mise tutto in culo a un

capriolo; un figlio dal connubio essendo nato, e si domanda: com’era tal

figliolo? (Allah da’ segni di incertezza)

GRAN CERIMONIERE : Se non mi rispondi nella settimana mi faccio del tuo scroto

una sottana. (Allah e’ sempre piu’ confuso)

ALLAH BEN DUR : Veramente … quel prelato … dentro il cul del capriolo …

non so dire …mah ! avra’ pigliato … perlomeno un po’ di scolo …

POPOLO (furente, facendo gli scongiuri) : Noi siamo infelici, noi siamo

scontenti, ti secchino il cazzo i nostri accidenti! Gli uccelli si affloscino

in segno di duolo, quel brutto vigliacco ci parla di scolo! (Il principe e’

trascinato via a viva forza)

GRAN CERIMONIERE : Il primo pretendente e’ bell’e e fritto, venga il secondo con il

cazzo ritto.

DON PEDER ASTA : Io son Don Peder Asta, gran nobile spagnuolo, astuto oltre ogni

dire; viaggio col protargolo e sei preservativi per non subire l’onta di

prendermi lo scolo all’atto della monta.

IFIGONIA : Principe saggio, devi dire a me da quanti giorni non fo’ piu’ il

bide’!

DON PEDER ASTA : Fidandomi del senso dell’olfatto, ti debbo dire che non l’hai

mai fatto.

POPOLO (incazzatissimo): Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni i cazzi lo sanno,

lo sanno i coglioni! Nel di’ di Giunone, con mossa pudica madonna Ifigonia

lavossi la fica; coi suoi venti chili di augusto formaggio fu fatta una palla

di un metro di raggio. Al prence sia data la pena infamante di prenderlo in

culo dal sacro elefante!

RE : Voglio siano esauditi del popolo i voleri; venga Bel Pistolino, coi suoi

cento staffieri; quaranta archibugieri, intanto, piano piano, lo aiutino un

pochino col palmo della mano; e nel caso imprevisto che non gli venga duro, lo

sfreghino senz’altro contro il muro. (S’avanza Bel Pistolino con evidenti

segni di giubilo)

POPOLO (in delirio): Pompa, pompa come un mulo fagli tremare le chiappe del

culo! Daglielo molle, daglielo duro, fagli tremare quel buco oscuro! Daglielo

duro, daglielo molle, fagli tremare quel buco folle!.

GRAN SACERDOTE A quanto sembra anche il secondo e’ fritto, ben venga il terzo

Però a cazzo ritto!

UCCELLONE : Sono il nobile Uccellone sono conte e son barone; la mattina, appena

desto, me lo meno lesto lesto, poi mi sparo a colazione, qualche rapido

raspone; quattro seghe a mezzogiorno non fan male per contorno; alla sera, per

divario, rompo qualche tafanario, ed alterno con pompini, il culetto dei

bambini. Sulla punta del mio pene, mille infransi fiche amene; vedi? Bando

come un mulo alla vista del tuo culo!

IFIGONIA : Sai  dirmi il mistero della sfinge la quale prima caga e poi

spinge?

UCCELLONE : Mi colma, oh Ifigonia, la tua parola oscura i corpi cavernosi di

gelida paura! Gia’ sento roteare, con ratto alterno moto, i possenti testicoli

entro il peloso scroto; ho nel profondo cuore una puntura sorda quasi  una

dozzina di piattole mi morda. Oh nobile fanciulla, alle parole altere sento

che si rilascia persino lo sfintere.

RE: E brami, o tracontante, la mano di mia figlia? Col culo pieno d’aglio farai

la Mille Miglia!

GRAN SACERDOTE : Sia subito eseguito il sovrano volere. Si porti senza indugio,

d’aglio un gran paniere.
(Uccellone di Belmanico scoppia in una fragorosa risata )

RE : E ridi, o sconsigliato, al pensier di gran travaglio di far la Mille Miglia

col culo pieno d’aglio?

UCCELLONE : Mi fate solo pena, oh poveri coglioni, che’ per riempirmi il culo ne

occorron tre vagoni! Pieno d’aglio il sedere come l’errante ebreo, io battero’

in volata la rossa Alfa Romeo! (Si allontana baldanzoso)

IFIGONIA (nostalgica): Addio nobile Uccellone, mio prode Signore! La tua

robusta fava mi giunge fino al cuore. Non hai colpa veruna se con l’uccello

dritto, giammai non scandagliasti le Sfingi dell’Egitto, se solo mille fiate alla

tua chioma fulva s’intrecciaron tenaci i peli della vulva.

RE : Non piangere Ifigonia, lustro dei peli miei, sii paziente e devota ai detti

degli Dei.

KIRO HITO : Io sono Kiro Hito, e son mandrillo; lo metterei nel culo a un coccodrillo

Son figlio del Giappone, Kiro Hito, ho un paio di coglioni di granito.

Ma facciam presto con le spiegazioni, che temo  non star piu’ nei pantaloni.

IFIGONIA : Stavasi un eremita in Poggibonsi che non cacava e non faceva stronzi;

or dimmi: quando un rutto egli tirava, ai suoi fedeli che impressione dava?

KIRO HITO : A simile domanda una risposta sola: avea quell’eremita il retto

nella gola! La storia gia ci narra del Principe Gargiulo, il quale nella

faccia rassomigliava a un culo. Ne son piu’ che sicuro e dirlo posso lieto:

dell’eremita il rutto puzzava piu’ di un peto!
(Il Gran Cerimoniere apre una   pergamena e da’ segni di approvazione)

RE : Un uomo siffatto che ha tanto cervello ragiona certamente con l’uccello.

Eccoti dunque figlia bene amata, la fava ritta, tanto sospirata! Sii degna

dell’uccello conquistato, mai obliando i lustri del passato. Ricorda

Bertolina, tua germana, ch’arrossiva sbucciando una banana, ma che un di’,

presa da furor demente, cacciossi nella fica un ferro ardente perche’ al Baron

Carlo dei Baroni furon tagliati il cazzo ed i coglioni; mentre la Filiberta

illustre e saggia il culo s’incendio’ con acqua raggia: aveva scelto la morte

al nero duolo di curarsi lo scol col protargolo; e la nobil Figonia, tua

bisava, sempre invitta nel gioco della fava, mori’ vetusta d’anni in un

bordello, col cuore trapassato da un uccello.

IFIGONIA : Il sorriso della fica la mia gioia alfin ti dica, son felice e son

beata perche’ al fin saro’ chiavata. Ma vi giuro sugli Dei di pensare ancora ai

miei; al re, come alla regina che mi lecca la mattina: a lui dono un

sospensorio come stemma provvisorio, ed a lei l’originale di un bel cazzo

artificiale.

POPOLO : Noi siamo felici, noi siamo contenti, si rizzin di gioia i cazzi

frementi; l’uccello del prence di gioia ci inonda mettiamoci tosto il culo di

sponda.

VERGINI : Noi siamo le vergini dai candidi manti, s’intreccin le danze,

s’innalzino i canti: lasciamo le seghe, lasciamo i pompini, mettiamo da parte

i bei ditalini! E’ giorno di festa: l’azzurra pervinca mettiamo all’occhiello

del muso di tinca!

GRAN CERIMONIERE : E risuoni nella reggia, perlomeno una scorreggia! (esegue)

(cala rapida la tela sul secondo atto)

Ifigonia in Culide Atto terzo

ATTO III

SCENA: La camera nuziale. A destra una porta che da’ nell’appartamento del re;

in fondo a sinistra, si nota un elegante water-closed con catena pendente.

IFIGONIA : Mio Kiro Hito, prence samurai il tempo passa e non mi chiavi mai!

KIRO HITO: Desisti dalle inutili e vane spiegazioni, non vedi che cominci a

rompermi i coglioni?

IFIGONIA : Fammi veder le palle di solido granito, fammi toccare l’uccello

almeno con un dito! Dimmi cosa brami mio nobile signore: ti bacio le palline o

vuoi fare all’amore?

KIRO HITO : C’e’ una cosa che ancora non ti ho detto, un terribile segreto che

brucia nel mio petto!

IFIGONIA : Deh, parla Kiro Hito, mio divino! T’ascolto col canal di Bartolino!

KIRO HITO : Un giorno, or son quattr’anni, soffrendo per un callo, stavo

prendendo un bagno nel grande Fiume Giallo e, come e’ sempre in uso tra i

nobili signori, stavo rompendo il culo a paggi e valvassori. Quand’ecco di lì

passa un bonzo di Visnu’ (allor mio caro amico, ci davam del tu) il quale mi

propose un sordido cinismo, di fare nel suo culo, un giro di turismo. Di

meglio non bramavo, e come ardente toro, soffiando a testa bassa mi butto

dentro il foro. Ma quel vigliacco aveva, nel nero tafanario lungo, rapace e

impavido, un verme solitario, che, mentre mi godevo il morbido budello, pian

piano mi sbafava, la fava dell’uccello. Eccoti ormai svelato alfin tutto

l’arcano: il bruno Kiro Hito è privo di banano, ed ora, mia diletta, quando

voglio godere, non ho altra risorsa che il buco del sedere.

IFIGONIA : Ignobile fellone, infame traditore! La misera Ifigonia piombi nel

disonore! Fui vittima innocente di un infame tranello: potea mangiarti, il

verme, il cuore, non l’uccello! Mi sento soffocare dal duolo che mi stringe,

per poco non mi scoppia di rabbia una salpinge.

KIRO HITO : Tristissime giornate col resto del mio uccello passai sulla torre

sovrastante il castello; ed intanto, tutto avvolto in tristi, neri veri,

strappavo singhiozzando i miei lucenti peli. Alfine non rimase un pelo sul

coglione, cosi’ senza conforto mi buttai dal balcone. Ma appena giunto al

suolo dilegua il mio tormento: volle   il cielo benigno che nel rapido giro cadessi a
culo nudo sul cazzo di un  fachiro, che da circa vent’anni restava contro il muro
muto, scarno,   impassibile, ma con l’uccello duro. Cosi’ da quel momento girai tutte le Corti   e di cazzi ne ho presi di dritti, lunghi e storti.

IFIGONIA : Furie d’Averno, o voi che anguicrinite chiavar vi fate in pose

pervertite da quei ciclopi che hanno un occhio solo perche’ non vi pigliate

mai lo scolo? E tu, Giunone, che sull’Elicona ti fai dal Can leccar sulla

poltrona, perche’ non  mangia un pezzo di grilletto il cucciolo  fetente e

prediletto?

KIRO HITO: Frena i tuoi detti alteri, o Ifigonia, basta! Abbi rispetto almeno per

l’arte pederasta. Tu non lo sai la gioia che ascende l’intestino: questo lo

dice un vecchio ed esperto culattino!.

RE (entrando con una scatoletta in mano): Ho sentito rumore dalla stanza

vicina; forse state cercando un po’ di vaselina?

IFIGONIA: Anche la vaselina, duro scherno! O padre maledetto, va’ all’inferno!

(gettandosi sui coglioni paterni) Ecco ti mangio il tuo coglione destro ed ancora insisto:

ed ora sta’ sicuro, neppure Cristo se pieta’ si prendesse del tuo guaio ridar

tene potrebbe un altro paio. Castrato sei, e se vorrai godere, godrai tu pure

usando il buco del sedere!

RE : Ahime’ ahime’, o qual vista orrenda! Mia figlia fa’ dei miei coglion

merenda! (si accascia piangendo)

GRAN CERIMONIERE (entrando di corsa): Accorrete cortigiani, duchi, principi,

baroni, nobiluomini, esercenti dai bei nobili coglioni, voi, pulzelle e

maritate, nobildonne e castellane che battete di gran lunga le piu’ celebri

puttane, tralasciate le chiavate, tralasciate anche i pompini, sospendete,

i consueti ditalini! Ifigonia, la sovrana, impazzita dal dolore, si

mangio’ le grosse palle dell’astuto genitore! (entrano i cortigiani e le

cortigiane in costume adamidico)

RE : Addio mio prode cazzo, piega da questa sera, la rossa, audace testa un

giorno tanto fiera! Finirono le giostre e le dolci tentazioni: non val robusta

fava se priva di coglioni. Addio vergini belle, che lasciaste l’imene sopra la

forte punta del mio robusto pene! Addio, culi rosati di donne e di bambini,

addio, lingue sapienti, maestre di pompini! Da oggi tu negletto  starai nelle

mutande, ne’ attingerà alle stelle, il tuo potente glande! Meglio sarebbe stato

perdere  anche il cazzo, ma perderlo da prode nel gioco del rampazzo! Perir

tu ben dovevi, ma in singolar tenzone invece, ahime’, peristi da povero

coglione!

GRAN CERIMONIERE (rivolgendosi ad Ifigonia) : Io ti punisco col tormento duro

d’esser legata colla faccia al muro: passera’ tutto il popolo, e, con l’ano,

farai da monumento vespasiano.
IFIGONIA (avanzandosi alla ribalta come in estasi ) :

Sognavo un cazzo forte, da bambina, e supplicavo Giove ogni mattina,

affinche’, come accadde un giorno a Eunica, mi accadesse di rompermi la fica.

Cosi’ non fu’; la Provvidenza grande, che gioia e dolore in terra spande, mi

volle sposa a te, che sei carino, ma col difetto di esser culattino. Da prode

moriro’, come Raniere, che non pote’ inculare lo sparviere; Addio Kiro Hito,

un di’ mio sposo; e tira l’acqua, l’acqua al water-closo!

(attraversa la scena di corsa e si getta dentro il water-closed; Kiro Hito

impassibile tira l’acqua; il popolo si inginocchia e piange).

Cala definitivamente la tela

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