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Golfo 12062010 Enzo Monti Golfo 12062010 Enzo Monti 001DAVANTI1DIETRO2 Vincenzo (Enzo) Monti – Poeta aderisce al progetto “La mia Isola” Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini PRESENTAZIONE ‘O TRIATO ‘E VICIENZO Raccolta poetica in vernacolo Nell’introdurre questo libro, la Professoressa Roberta Panizza, che cura la Direzione Artistica del progetto “La mia isola”, pone nella giusta luce la particolare struttura fonetica, grammaticale e sintattica proposta dall’autore, e precisa le ragioni che l’hanno indotta a non intervenire con modifiche sull’elaborato proposto, ritenendo “in ogni caso sicuramente stimolante ascoltare nella sua spontaneità e nei suoi propri contenuti cromatici questa voce del vernacolo ischitano “. Opera in tal modo, nonostante la consapevolzza che a qualche lettore possa risultare poco agevole accettare alcune forme lessicali, le quali, avulse da una precisa idea propositiva, potrebbero essere intese come eccessive trasgressioni nei confronti della nostra lingua, dalla vita propria e dal profilo ben definito A mio avviso, giusta e saggia decisione tanto più in presenza di un esordiente il quale avverte, in anticipo, di non aver voluto scrivere nel nostro linguaggio codificato, né tanto meno in un dialetto provvisto di una specifica schematica composizione scolastica. Cosa propone Enzo Monti? Enzo Monti vuole presentare le sue poesie in un “Dialetto Personale”, finanche tanto spregiudicato da non utilizzare, in alcune occasioni, la stessa forma scritta per una identica espressione. Lui vuole proporre una lingua parlata, e noi sappiamo bene che non esistono né lingue né dialetti immobili, mentre, in essi tutti, noi non ci comportiamo, a parole o per iscritto, nello stesso modo. E mentre Roberta Panizza ha fatto benissimo a chiarire che anche le virgole e gli accenti dei testi riproducono l’esatta scrittura proposta dall’Autore, io completo la sua analisi affermando che Enzo Monti non ritiene importante la coerenza della presentazione grafica della sua scrittura. Lui punta alla sostanza, all’idea, alla dinamica di un rapporto con i suoi lettori, assimilabile ad un comune pellegrinaggio verso la faticosa ricerca di una lingua che non esiste. Vincenzo (Enzo) Monti è nato a Casamicciola nel 1939, e si è diplomato perito elettronico all’Istituto Alessandro Volta di Napoli. Un anno in Svizzera, Lugano, per specializzazione. Assunto ad Ischia, presso l’allora SET con incarico di controllo dei ponti radio, diventata poi dipendente SIP ed in seguito TELECOM ,con qualifica di capotecnico. Ha lasciato l’incarico all’età di 57 anni. Dalla tecnica a valvole ai semiconduttori, e via via fino alle fibre ottiche, ha seguito l’intero progresso tecnologico acquisendo una esperienza notevole. Grande passione per la pesca subacquea… e per altre attività nei più svariati campi, ha continuato ad operare con il “fai da te “ mettendo le sue competenze a disposizione della famiglia e degli amici. La sua famiglia… una moglie, tre figli e quattro splendidi nipoti. Nato nel periodo bellico dell’ultima guerra mondiale, è cresciuto tra le luci e le ombre della storia del popolo italiano modellando via via il suo carattere che ora possiamo dire avergli suggerito sempre di essere al servizio di un unico padrone: “Il Dovere d’essere Onesto”. E’ facile riassumere in poche parole i destinatari di questa sua incrollabile determinazione, basta scrivere: Famiglia, Lavoro, Società. Una persona, quindi, “normale” come in teoria dovremmo essere tutti! Ma un poeta può essere una persona “normale”? Certamente no! Quindi parrebbe logico dedurre che Enzo Monti non abbia la “costituzione emozionale” di un poeta, né la “procellosa e trepida (qui mi permetto di cambiare un termine per rendere i versi di Alessandro Manzoni più pertinenti alla sua indole) ansia di un gran disegno”! Eppure, nella sua speciale normalità, Enzo Monti è riuscito a trovare un modo discreto di proporsi Poeta! Lui, l’uomo della totale disponibilità, dell’altruismo, del self control, della onestà morale cercata ma non indotta da dogmatismi di qualsiasi natura, l’uomo dei sentimenti placidi e virulenti, che poco ha chiesto, ma molto ha dato… lui non ha mai affidando i suoi pensieri alla retorica oppure (Peggio? Meglio?) alla polemica. Ha sempre pensato, consegnando ogni volta in custodia idee e sentimenti ed emozioni, a ciò che di meno “normale” esiste nella formulazione dello spirito umano, sì, li ha sistemati sotto le ali protettrici della Poesia!! Ho molto a cuore suggerirvi di leggere queste sue strofe seguendone la genesi priva di qualsivoglia indottrinamento letterario o politico o religioso che sia. I versi di Enzo Monti sono puro succo di una mente libera che onora la poesia. Leggiamolo con il rispetto che si deve ai semplici, agli onesti… ed a chi è riuscito ad essere il “Poeta della normalità”. Bruno Mancini bannerok Corriere 03062010 Sacha -Bruno Recensioni Virginia Murru pioniera del progetto culturale “La mia isola”Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e di Bruno Mancini Insularità poetica Virginia Murru è poetessa per chi crede che le poesie sono un concentrato di vita proposto in poche parole ai pochi che le parole non bistrattano per renderle incomprensibili. Lei scruta sostantivi e verbi come farebbe una cacciatrice di stelle, immobile, dietro le lenti di un telescopio nelle notti prive di luna, per poi riproporli in arabesche apparenze di minuziosi mosaici nell’attimo in cui li vive come precisi e decisi graffi sul ghiaccio incisi dalla sua lama-penna di danzatrice-poetessa. Irriducibile esca la parola – quando tesse alla mente la prigione – e son salva d’orgoglio – chiave d’acciaio che apre all’evasione. Saranno parole e verbi, aggettivi, virgole e pause e locuzioni, avverbi, stasi, interspazi, tutti asserviti alla grande costruzione emotiva di uno, mille, tante, passioni accartocciate nel pudore del sentimento. Lei, Virginia, non esiste, lei non si manifesta, lei come una medium davanti alla sfera di cristallo, evoca, incute, segna con intagli sui tronchi delle foreste di pensierri titoli e sintesi di pene-dolci-tormenti, e chiede di genufletterci davanti alla forza-follia-fobia della Poesia, mentre, tra sogno e vita lei, Virginia, assorbe le spore lasciate vagare liberamente dalle nostre sensazioni incontrollate. Tienila stretta questa notte che allunga infide braccia d’arbitrio come fossero spire senza scampo- latrati nel tuo seno. Il verso onomatopeico è di antica e robusta tradizione – basti a tal proposito ricordare la “La fontana malata” di Aldo Palazzeschi oppure “La pioggia nel pineto” di Gabriele d’Annunzio”, eppure, nonostante secoli di meditati studi e valutazioni critiche, mai, neppure in Filippo Tommaso Marinetti o in generale nei Futuristi, la sua applicazione è andata oltre la ricerca di uno o più effetti sonori provocati da sillabe artatamente assemblate per tentare di riprodurre il/i particolare/i “rumore/i” di un preciso evento. Se è vero che già affidandoci a poca fantasia “Clof clop cloch” ci appare come la trascrizione fonetica (non solo ma anche) di alcune gocce d’acqua sgorganti da una fontana rotta “malata”, è anche vero che diventa molto più arduo e complesso l’impegno con cui dobbiamo applicarci se vogliamo poter apprezzare fino a quale punto Virginia Murru, poetessa sarda, c’immerge tra i suoni evocati negli ambienti che descrive (mare-casa-fuga) attraverso il nevralgico movimento lessicale, e non semplicisticamente fonetico con cui stuttura l’insieme di molte sue sue poesie Ho spinto quella sera piano piano come porta cigolante sul destino e c’eri tu sull’orlo dell’istante a rovesciare tempo su di noi. Non appena è giunta in contatto con il nostro gruppo, dopo minimi preamboli, Virginia Murro è entrata nel progetto “La mia isola” quasi ad occhi chiusi, lanciata in un galoppo che sentiva l’avrebbe condotta verso una seconda fonte ispirativa. Originaria della bella e aspra Sardegna dallo spregiudicato sfoggio di una insularità raramente permeata da invadenti modernismi eppure da sempre isola di felice accoglienza per chi ne rispetti le tradizioni e la cultura, Virgina ha tracimato, dalla sua terra, le antiche sorgenti nell’alambicco del suo porsi poetessa su palcoscenici internazionali, così dettando i paradigmi di una immaginifica tradizione esistenziale attraverso idiomi di forte derivazione cosmopolita fino a sbandierarli in una essenza poetica unica, semplice e complessa. Era sera d’ormeggi vele immobili all’evento ed io tremavo in approdi di possibile sul porto.

Virginia Murru

Un giorno scrisse “… Io sono sarda e come tutti i sardi sono un pò testarda…” ed ora la tenacia con cui ha seguito l’indole poetica le consente di esporre una bacheca di premi e di riconoscimenti di altissimo valore internazionale, tra i quali lei mostra in primo piano il I° Premio di poesia nel sito www.poesiaedintorni.it – 2008! Bruno Mancini

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