Bruno Mancini

ALBERTO LIGUORO – Poeta- Magistrato

Grande amico dell’Isola d’Ischia aderisce al progetto “La mia Isola”

Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini

Scrivere di Alberto Liguoro è come presentare l’ideale prototipo d’artista che è comune a gran parte di chi manifesta i propri impulsi letterari per pura necessità espressiva scevra da ogni altra sovrapposizione d’interessi pratici o commerciali.Alberto Liguoro

Chi almeno una volta nella vita si sia abbandonato, senza remore e senza limitazioni, a rendere fruibili “amor ch’ e’ ditta dentro” (Dante Alighieri – Purgatorio XXIV, 53-54)

per le poche o tante persone interessate o semplicemente curiose di saperlo, avrà ben chiara la voglia irrefrenabile di non tenere in alcun conto regole e regolamenti, vocabolari, grammatiche e sintassi in letteratura, oppure cromatismi e prospettive nella produzione pittorica, o anche battute tempi e chiavi negli allestimenti musicali, che attanaglia nel momento della “creazione”.

Alberto Liguoro ha il pregio intellettuale di comprendere la scarsa forza del traino cui affiderà la sua opera “spontanea” ed ha la forza selvaggia e quasi animalesca di pretendere anche in solitudine il rispetto del suo “territorio artistico”.

La scrittura di Alberto Liguoro è uno scandalo, uno scandalo mi viene voglia di dire di proporzioni sociali, per quanto essa riesce placidamente ad irridere la superficialità di quei sparuti lettori che si avvicinano alle opere poco o per niente pubblicizzate dai soliti imbonitori giornalistici e televisivi.

Personaggi per lo più strani che spesso, non senza torto, si degnano di aprire i libri “anonimi”, quasi sempre ricevuti in regalo, e lo sfogliano con la supponenza di chi non debba far altro che attendere di essere servito la trama e i personaggi su un vassoio dai decori semplici e banali.

Afflitti dallo snobismo di chi intenda non dover compiere alcuno sforzo cerebrale per trasformare il libro da possesso materiale a possedimento intellettuale, trattandosi di un libro, ripeto, del quale non è stato indotto a leggere pagine in ragione del prudente atteggiamento di chi desideri ben figurare nella massificata società culturale diretta dai soliti nomi, non di rado chiedono al libro figlio di “nessuno” di svolgere la funzione di riparo dai raggi del sole a ferragosto, restando poggiato sul naso per difendergli gli occhi dalla luce, poiché, infatti, a far pensare… a far pensare bastano loro “GLI EDITORI”!

La scrittura di Alberto Liguoro è uno scandalo.

E’ uno scandalo anche quando, disattivata la bucolica contemplazione, e con lo spirito in subbuglio, scrive elegie non sul piacere di ascoltare psicodrammatici accadimenti tipo

“Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;”

o su quanto sia doloroso ammettere che

“Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:”,

ma quando la sua penna, più che scrivere semplicemente, incide le coscienze, con frasi che perseverano tenaci nella mente di chi le legge e che lanciano sfregi indelebili contro l’immonda burocrazia fin tanto che non nascondono il disprezzo per la stratificante acquiescenza alla illegalità.

E’ scandalo ciò che scrive Alberto Liguoro, è scandalo nelle forme e nelle essenze.

Tenetevi alla larga… rischiate di inquinare malamente il vostro placido disinteresse per tutto quanto non è Mondadori!!

Chi sarà mai questo novello Poeta Novelliere?

Coniugato (Maria Rosaria Mollo) con tre figlie, cittadino italiano, nato il 28 marzo 1944 a S.Marco dei Cavoti (Benevento) – Vive a Milano, innamorato pazzo dell’Isola d’Ischia, l’ha eletta a sua residenza estiva.

Nel 1969 entra in Magistratura.

Dal 1986 al 1991 Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano.

Nel 1991 esce dalla Magistratura col grado di Consigliere di Cassazione e si iscrive all’Ordine degli Avvocati di Milano; in pari data all’Albo Speciale presso la Corte di Cassazione.

Attualmente esercita l’attività di avvocato in Milano.

Iscritto all’albo dei pubblicisti presso l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia oltre che con le proprie generalità, con lo pseudonimo ALGOR.

Nell’anno 1998 ha avuto una collaborazione continuativa con “L’Indipendente” di Milano.

Nel 1999 una collaborazione con il quotidiano napoletano “Cronache di Napoli”.

Dal 2001 al 2008 ha collaborato periodicamente con la rivista giuridica Diritto e Giustizia – Giuffré.

Scrive da sempre, e segue con assiduità le nuove proposte letterarie che rimbalzano sulla stampa italiana, fin a che, un giorno, durante una delle sue consuete vacanze ischitane legge un articolo del quotidiano “Il Golfo” che presenta il progetto di Antologie Poetiche “La mia isola” proposto dal sito di scrittura www.poesiaedintorni.it diretto da Roberta Panizza che ha da tempo designato Ischia come sede (non solo ideale) delle sue proposte culturali, ne annota l’indirizzo e si iscrive.

Trova interessante il dibattito che in esso si svolge, e per aderire al progetto “La mia isola” avvia i fruttuosi contatti che gli consentiranno di partecipare come Autori nell’Antologia Poetica “Ischia, un’isola di…” di prossima pubblicazione.

Intervista

Quale è il suo rapporto con l’Arte e come è nato?

L’Arte è una grave malattia dalla quale non si guarisce mai. Io l’ho contratta inconsapevolmente quando ero ancora bambino.

Ischia e la cultura potrebbero rappresentare un binomio vincente turisticamente?

Deve essere vincente. Appartiene alla centralità del futuro dell’Isola d’Ischia.

Le alternative sarebbero, da un verso, il degrado e l’imbarbarimento e, dall’altro, la massificazione consumistica. Tutto ciò che nessuno vorrebbe o auspicherebbe.

Provocatoriamente le chiedo se ha letto l’Antologia poetica “Ischia, un’isola d’amore” e cosa ne pensa?

Certo che l’ho letta. Penso che sia uno scossone alla pigrizia e alla noia, L’azione di un detective o di più detective (Bruno Mancini, Roberta Panizza ecc.) che cercano di delineare l’identikit dell’assassino (il poeta) e ricostruire il delitto (la poesia). Azione alla quale sono felice e mi onoro di partecipare, dando il mio contributo allo scopo di giungere alla soluzione del caso, quale agente semplice che collabora, carta e penna in mano.

Quale è il messaggio che intende mandare per promuovere l’interesse verso la Poesia?

La Poesia è come la vita, appartiene a tutti. Poi ciascuno ne è arbitro, così come è arbitro della propria vita.

Le piace Ischia?

Venivo ad Ischia da bambino con i miei genitori. Qui hanno avuto  vita le mie prime schermaglie sentimentali. Qui ho conosciuto colei che poi è ancora oggi  mia moglie. Qui si è sposata una delle  mie figlie. Qui oggi vengono a passare le vacanze i miei nipoti con le famiglie. Io e mia moglie ci torniamo spesso durante l’anno. Due volte ho chiaramente visto il raggio verde. Potrei non amarla? Anzi proprio perché mi è sempre piaciuta per la sua bellezza e varietà è accaduto tutto quanto ho detto.

Devo dire, però, che ultimamente è un po’ mortificata proprio da coloro che le vogliono bene o dicono di volerle bene. Ma si rifarà, ne sono certo. I  millenni alle spalle sono certo di buon auspicio per i millenni a venire.

Quali sono i prossimi appuntamenti culturali che la vedranno protagonista?

C’è un solo grande appuntamento culturale che li racchiude tutti ed è quello della mia vita che, a 65 anni suonati, credo di poter finalmente orientare nel senso da me sempre desiderato e, per quanto possibile, perseguito, e cioè l’arte dello scrivere, con tutto ciò che comporta, compresa la possibilità di vedere la trasposizione dello scritto in opera scenografica o pittorica.

Grazie e alla prossima

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FABIO SALVI

Nuovo amico del progetto “La mia isola”

Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza

Se ad Ischia il “Dolce stil novo” avesse un Circolo di riferimento, Fabio Salvi sarebbe un gran candidato a farne parte tanta è l’evidenza impulsiva che si evince dalla lettura dei suoi testi.Fabio Salvi

Come spesso accade in quasi tutte le forme di vita che propongano mutazioni di programmi abitudinari, il suo sentirsi in sintonia con il progetto “La mia isola”, ha fatto scoccare in Fabio Salvi una piacevole forma d’interesse anche per il luogo – ISCHIA – dal quale gli è giunto il canto della Sirena (per niente utopico o illusorio in quanto rappresentato dal concreto invito a far parte della nuova Antologia Poetica che sarà pubblicata ad Ottobre, come sempre a cura della nostra straordinaria amica Roberta Panizza, e che avrà per titolo “Ischia, un’isola di…”, dove i puntini di sospensione vogliono sottintendere l’impossibilità di definire TUTTE le qualifiche eccellenti della nostra isola).

Così, semplicemente, Fabio Salvi ama Ischia attraverso il progetto “La mia isola” che Roberta Panizza ed il suo gruppo di Pionieri propongono a partire dal sito di scrittura www.poesiaedintorni.it,  e che è stato sponsorizzato in prima battuta, senza tentennamenti, da quel grande amico e grandissimo giornalista che era il compianto Domenico Di Meglio, Direttore del quotidiano “Il Golfo”.

Fabio Salvi, assessore alla cultura del Comune di Venarotta (AP), ha chiesto ed ha ottenuto di partecipare alla prossima Antologia “Ischia, un’isola di…” proponendo le poesie presenti nel suo libro “diVerso”, creando in tal modo l’occasione, non solo per partecipare alla selezione dei quattro componimenti da presentare nell’Antologia, ma anche per consentire la piacevole lettura di versi tanto tersi e fluenti da spingermi a presentare queste brevi note.

Ancora in questo momento, e sarà così fintanto che non avrò terminato di scrivere queste impressioni sulla sua arte poetica, di lui non so nulla, perfettamente nulla se si esclude qualche breve contatto di posta elettronica, non avendo avuto modo né di conoscerlo personalmente né di parlargli telefonicamente.

Ad una prima lettura, Fabio Salvi pare voler affrontare separatamente due ordini di convinzioni, lasciando decisamente staccati elaborazione metrica (troppo spesso invadente nei testi degli esordienti) e frantumazione del complesso mausoleo da cui  intende estrarre le emozioni da trascrivere nelle sue poesie, affinché, né la prima con un forzato tecnicismo, né l’altra per mezzo dell’esuberante emotività propria di chi si avvicini alla poesia in prima battuta, possano, anche in seguito ad un fragile o parziale innesto, procurare il decadimento dell’opera intera.

IL tranquillo scorrere di locuzioni a noi del tutto familiari, forgia una struttura adatta alla serena presentazione d’immagini e di sentimenti mai statici e sempre di grande intensità, come quando scrive:

C’era una bicicletta, un cappello

e la voglia di correre

acqua fresca:

c’era l’ingenuità di chi inizia a vivere

e la felicità di chi vive da bambino.

Che la Poesia non sia necessaria all’ordinato svolgersi della nostra esistenza, è una affermazione che tutti, chi più chi meno, ci portiamo dietro dall’età scolare, ma Fabio non ne è convinto, tanto che supera l’asserto considerando la Poesia indispensabile alla quotidiana pulizia dell’alcova nella quale egli ripone quotidianamente i sentimenti e le passioni e lo riafferma proponendo come introduzione:

Non dimentichiamoci che la vita è anche poesia che in un vortice di esistenze frenetiche l’uomo è capace di sognare creando giravolte di parole, e può farlo da principiante senza selezionare la metrica, senza conoscere le regole del gioco, ascoltando di tanto in tanto qualcuna delle proprie emozioni.

Il suo poetare non è altro che il suo animo quando si oppone alla determinate forza di una rombante accanita risacca che trascina stupendi tronchi e favolose conchiglie in un insieme comprendente ingiuriose plastiche ed immarcescibili residui d’ignobili stili di vita, concedendosi un tempo in cui setacciare e separare le scorie dalle genuinità:

Fiore che brilli nella notte

accendi il giorno che c’è in te

passa oltre il vento e la bufera.

Quasi inavvertitamente, via via che la lettura procede, ecco quindi che i contorni della sua scelta stilistica si definiscono nella loro bellezza a prima vista impercettibile, e così si giunge alla fine del libro sapendo che tutte le impressioni ricevute durante la lettura ci sono state trasmesse dalla sensazione “principe” nella poetica di Fabio Salvi e cioè quel desiderio di abbandono affinché la bellezza della tristezza sia il solo cibo adatto alla sua malinconia.

Bruno Mancini

TENTACOLI DI BUOI

Una notte può raccontare molte storie

una notte d’ospedale

assopita scorre lenta nei corridoi.

Oscurità seminascosta da luci gialle

scivola con tentacoli nelle stanze

avvolge come abbraccio.

Storie similmente diverse

racconti avvinghiati a fili di speranza

ventagli di ricordi dolce amaro.

Sorrisi che regalano momenti

parole altrove sottotono

qui lottano coi tentacoli del buio.

Potessi con un gesto allietarti

sapessi forgiare la spada del coraggio

sarebbe luminosa, calda ed affilata.

Tra le dita di questa mano d’ombra

visi, capelli ed occhi che di una bella furono

ora col fascino della saggia sofferenza.

Si può stare bene cullati in queste notti

si può sentire un cuore palpitare

sussurrare respiri di vita.

Poesia tratta dal volume “diVerso”

46 poesie lunghe dodici anni

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La poetessa Nunzia Binetti

Presidentessa della FIDAPA di Barletta

aderisce al progetto “La mia Isola

Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini

Dalle Poesia della reale imperfezione e della realtà perfetta

Leggere le poesie di Nunzia Binetti è un po’ come vivere in una dimensione che conia reale e irreale, come in un quadro di una modernità assoluta, astratto quanto basta a rompere il cerchio della fantasia e a far volare il pensiero dove solo chi riconosce l’ Arte può trovare una sua collocazione.Nunzia Binetti -Premio Giobba

Allo stesso tempo l’ispirazione generale, il tema dominante, non è legato alla pura immaginazione e al costrutto interiore che spesso “tradisce” chi ritiene di scrivere poesia solo esprimendo il proprio status, la propria emotività e le proprie sensazioni senza dare ad esse un valore, senza riuscire a “spingerle” verso quella universalità che sola concede alla scrittura in versi di farsi “Poesia”.

Nella poesia di Nunzia è al contrario altissimo il valore della parola legata alla quotidianità, al disaccordo troppe volte sperimentato, al vuoto che riempie i tempi dell’essere e del non-essere, alla semplicità della ricerca e della sperimentazione del linguaggio, mai fine a se stesso ma legato al “potere maieutico” che muta la normalità di ogni oggetto, di ogni gesto, di ogni sentimento, di ogni emozione fino a farli complemento, soggetto-oggetto di una narrazione dell’ io che diventa, come deve essere in poesia, il tutto che ci circonda, l’universalizzazione del pensiero.

Partire dalla quotidianità, dare un senso alla dimensione in cui viviamo, riconoscersi sempre in ogni piccolo gesto e riuscire a trasformare i pensieri che nascono dalla visione della realtà in Poesia pura: questo è a mio parere il piccolo-grande segreto del Poeta e Nunzia è “poeta” che ci svela in assoluto e che interpreta in modo sublime questo segreto, portando il lettore a gustare ogni parola e a farne proprio il valore altamente introspettivo.

Lo stretto legame tra il reale e l’immaginario conseguente, tra il pensiero e l’azione, tra il vivere l’attimo ed esserne trafitti o trarne emozioni immediate da fermare nella memoria, rende la poesia di Nunzia un “omaggio continuo” alla vita, non a quella sognata o desiderata cui spesso si ispirano troppi poeti, ma a quella “vera e reale”, a quella che ci fa combattere ogni giorno, a quella che ogni giorno ci riempie di gioia e di dolore, di sorriso e di pianto, di amore e di delusione … di speranza e di illusione.

“Sbozzo Il piacere asprigno

di cose nuove

ma solo per l’ istante, chè ci si abitua a tutto.”

Questa filosofia del vivere l’istante e poi continuare ad ogni costo accompagna la poetica di Nunzia che di essa si nutre e da essa prende vigore e completezza.

“Io vado e non mi volto.

Prenderò le distanze da me.

Non ho moneta per comprare il mondo.

E tu, non mi fermare.”

E’ questa voglia di essere “donna” e di vivere ogni emozione in modo intenso e spesso crudele che riesce a dare un senso a questa continua ricerca di sé  e della propria individualità correlata agli affetti più intimi e segreti che si intersecano in un rincorrersi di immagini che fanno da sfondo perfetto a questa “insofferente dicotomia”  che nega sovente il ricongiungersi dei sentimenti alla propria fonte e alle proprie radici.

“… siamo dicotomie di steli

distanze.

Andiamo

assecondando la direzione imposta.”

In questo andare, in questo “essere” sprofondati nella vita fino a berne il succo, in questa continua macerazione, in questo morire e rinascere, in questa cadenza di parole che si fanno poesia in un insieme che niente ha delle “forme consuete” ma che coniuga in modo perfetto “nuove forme e straordinari contenuti” si distingue nella poesia di Nunzia una qualità difficilmente riscontrabile in altri poeti.

Lascio al lettore più attento una profonda riflessione: nutrirsi di poesia è forse solo un’illusione ?

Italo Zingoni.

INTERVISTA

Ischia e la cultura potrebbero rappresentare un binomio vincente turisticamente?

la diffusione di ogni forma di arte va per me sempre sostenuta e credo che in particolare bisogna sensibilizzare la gente a fruire della poesia, divenuta da tempo la cenerentola dei generi letterari in Italia.

Ho constatato che il nostro paese ha molti poeti e pochi lettori di opere o raccolte poetiche, quindi aderire ad un progetto che seminasse versi poetici in uno dei posti più belli e ambiti da una foltissima schiera di turisti, quale è Ischia, mi è parsa un’ottima idea, perchè finalizzata al recupero da parte della poesia di una vasta fascia di lettori.

La poesia c’e’, dunque, e domanda attenzione, trasmette messaggi, riflette stati d’animo in cui ognuno può rispecchiarsi, aiuta a crescere e a pensare in questo momento storico in cui conta più l’azione che il pensiero. Nessuna azione potrà dirsi tale se a valle ha il vuoto, la superficialità e la incapacità di scendere nel profondo!

E’ la  poesia che insegna a scendere nel profondo e a guardare il mondo e le cose con maggiore  consapevolezza e con altra prospettiva, ed è essa che sviluppa  in ciascuna persona, inoltre, il gusto estetico, cosa di non poco conto.

Cosa pensa dell’idea  avuta e realizzata da  Bruno Mancini di indire serate dedicate alla cultura.

Una idea perfetta, che dovrebbe essere presa ad esempio anche dalle tante associazioni culturali che operano in vari territori.

Non basta dar spazio a incontri o dibattiti che approfondiscano le questioni sociali e i temi scottanti di attualità. Credo che a questi approfondimenti, come anche all’informazione, siano massimamente delegati, per loro preciso dovere e per competenza, la stampa e i media. Se si vuole fare cultura si deve rivolgere lo sguardo altrove: all’arte e agli artisti. Non è giusto lasciarli in disparte e farli tacere; hanno molto da dire e da insegnare.

Provocatoriamente le chiedo se ha letto l’Antologia poetica “Ischia, un’isola d’amore” e cosa ne pensa?

L’ho letta e l’ho amata subito, non certo perchè mi vedeva autrice di alcuni dei suoi testi, ma perchè era intitolata all’Amore e ad una delle Isole più belle che io conosca, Ischia.

Bruno Mancini e Roberta Panizza, curatori della antologia hanno saputo scegliere poi artisti che attraverso le arti figurative e la parola poetica sono riusciti a fare vibrare le mie corde emotive e sicuramente non solo le mie.

Vuole indirizzare un suo  messaggio a qualcuno in particolare, dopo la riuscita conclusione di questo progetto che ha  visto al suo centro la Poesia?

Come prima cosa è nelle mie intenzioni  ringraziare in modo speciale i curatori di questa antologia e  quanti l’hanno generosamente  sponsorizzata.  E’ bello, e mi sia concesso dire, anche strano pensare che  ancora oggi ci siano dei “mecenati”, che promuovono l’arte ed artisti non del tutto conosciuti.

In second’ordine, desidero lanciare un appello accorato all’intero settore editoriale che immette sul mercato 40 libri di narrativa al giorno, contro un numero insignificante di opere poetiche e raccolte, mortificando sostanzialmente la Poesia. E’ un grosso errore, a mio avviso, investire risorse economiche in una sola direzione. I fruitori dei prodotti editoriali  vengono forzati a scegliere  ciò che offre il mercato, non avendo alternative.

Alla luce di  questa logica di mercato, il lettore si è  lentamente diseducato alla poesia ed è stato allontanato da essa. E’ un dato di fatto che la  storia della letteratura non la fanno gli autori, ma gli editori, a cui è affidato il delicato compito di scoprire talenti. Ci sono oggi, tra i nostri giovani, poeti di grande talento del tutto ignorati e tali resteranno.

Con rammarico  penso alle future generazioni che per queste ragioni continueranno a credere,  sfogliando un libro di letteratura, che la Poesia moderna si sia fermata al Montale o giù di lì. Non è così. Peccato!

XXII edizione del premio letterario

“Mercede Mundula”

organizzato da

F.I.D.A.P.A. di Cagliari a

Nunzia Binetti

è stato assegnato il secondo premio per la poesia

Effetto placebo

Non è silenzio, è mutezza, la tua

e delle cose

angoscia cresciuta in un teatro

che mai nulla replica.

Un filo di ferro raccoglie gli steli

li stringe, l’abbraccio è cesoia.

Le rose, le cose

il tuo volto di mezzo, la vita.

Voi datemi qualche rumore

che scuota di poco quei petali e poi di rimando

anche il resto, calato nel sonno.

Il solo vibrare sia effetto placebo, per me

audiolesa, sfinita dal guasto.

nunzia binetti -1-feb-2009-

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Vincenzo (Enzo) Monti – Poeta

aderisce al progetto “La mia Isola”

Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini

PRESENTAZIONE  ‘O TRIATO ‘E VICIENZO

Raccolta poetica in vernacolo

Nell’introdurre questo libro, la Professoressa Roberta Panizza, che cura la Direzione Artistica del progetto “La mia isola”, pone nella giusta luce la particolare struttura fonetica, grammaticale e sintattica proposta dall’autore, e precisa le ragioni che l’hanno indotta a non intervenire con modifiche sull’elaborato proposto, ritenendo “in ogni caso sicuramente stimolante ascoltare nella sua spontaneità e nei suoi propri contenuti cromatici questa voce del vernacolo ischitano “.ENZO

Opera in tal modo, nonostante la consapevolzza che a qualche lettore possa risultare poco agevole accettare alcune forme lessicali, le quali, avulse da una precisa idea propositiva, potrebbero essere intese come eccessive trasgressioni nei confronti della nostra lingua, dalla vita propria e dal profilo ben definito

A mio avviso, giusta e saggia decisione tanto più in presenza di un esordiente il quale avverte, in anticipo, di non aver voluto scrivere nel nostro linguaggio codificato, né tanto meno in un dialetto provvisto di una specifica schematica composizione scolastica.

Cosa propone Enzo Monti?

Enzo Monti vuole presentare le sue poesie in un “Dialetto Personale”, finanche tanto spregiudicato da non utilizzare, in alcune occasioni, la stessa forma scritta per una identica espressione.

Lui vuole proporre una lingua parlata, e noi sappiamo bene che non esistono né lingue né dialetti immobili, mentre, in essi tutti, noi non ci comportiamo, a parole o per iscritto, nello stesso modo.

E mentre Roberta Panizza ha fatto benissimo a chiarire che anche le virgole e gli accenti dei testi riproducono l’esatta scrittura proposta dall’Autore, io completo la sua analisi affermando che Enzo Monti non ritiene importante la coerenza della presentazione grafica della sua scrittura.

Lui punta alla sostanza, all’idea, alla dinamica di un rapporto con i suoi lettori, assimilabile ad un comune pellegrinaggio verso la faticosa ricerca di una lingua che non esiste.

Vincenzo (Enzo) Monti è nato a Casamicciola nel 1939, e si è diplomato perito elettronico all’Istituto Alessandro Volta di Napoli.

Un anno in Svizzera, Lugano, per specializzazione.

Assunto  ad Ischia, presso l’allora SET con incarico di controllo dei ponti radio, diventata poi dipendente SIP ed in seguito TELECOM ,con qualifica di capotecnico.

Ha lasciato l’incarico all’età di 57 anni.

Dalla tecnica a valvole ai semiconduttori, e via via fino alle fibre ottiche, ha seguito l’intero progresso tecnologico acquisendo una esperienza notevole.

Grande passione per la pesca subacquea… e per altre attività nei più svariati campi, ha continuato ad operare con il “fai da te “ mettendo le sue competenze a disposizione della famiglia e degli amici.

La sua famiglia… una moglie, tre figli e quattro splendidi nipoti.

Nato nel periodo bellico dell’ultima guerra mondiale, è cresciuto tra le luci e le ombre della storia del popolo italiano modellando via via il suo carattere che ora possiamo dire avergli suggerito sempre di essere al servizio di un unico padrone:

“Il Dovere d’essere Onesto”.

E’ facile riassumere in poche parole i destinatari di questa sua incrollabile determinazione, basta scrivere: Famiglia, Lavoro, Società.

Una persona, quindi, “normale” come in teoria dovremmo essere tutti!

Ma un poeta può essere una persona “normale”?

Certamente no!

Quindi parrebbe logico dedurre che Enzo Monti non abbia la “costituzione emozionale” di un poeta, né la “procellosa e trepida (qui mi permetto di cambiare un termine per rendere i versi di Alessandro Manzoni più pertinenti alla sua indole) ansia di un gran disegno”!

Eppure, nella sua speciale normalità, Enzo Monti è riuscito a trovare un modo discreto di proporsi Poeta!

Lui, l’uomo della totale disponibilità, dell’altruismo, del self control, della onestà morale cercata ma non indotta da dogmatismi di qualsiasi natura, l’uomo dei sentimenti placidi e virulenti, che poco ha chiesto, ma molto ha dato… lui non ha mai affidando i suoi pensieri alla retorica oppure  (Peggio? Meglio?) alla polemica.

Ha sempre pensato, consegnando ogni volta in custodia idee e sentimenti ed emozioni, a ciò che di meno “normale” esiste nella formulazione dello spirito umano, sì, li ha sistemati sotto le ali protettrici della Poesia!!

Ho molto a cuore suggerirvi di leggere queste sue strofe seguendone la genesi priva di qualsivoglia indottrinamento letterario o politico o religioso che sia.

I versi di Enzo Monti sono puro succo di una mente libera che onora la poesia.

Leggiamolo con il rispetto che si deve ai semplici, agli onesti… ed a chi è riuscito ad essere il “Poeta della normalità”.

‘A resata ‘e ammore

Ammore, ‘a resata, nun sonco

comma sorde sparagnate.

Se sta attiento ‘u puveriello!

Ne dà poche pure ‘e pariente

e nun  ride cu l’ata gente…

co sparagno se crede

ca jenca nu carusiello…

Ma ammore e comma ‘a resata

si nun ta sparte cu l’ata gente

e nun fai allenamento

addeviente nu monaco pezzente…

Bruno Mancinibannerok

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