Vasco e Medea: Bruno Mancini

Vasco e Medea

lulu“…
Ti benedica la Musa
mentre
non senza titubanti tenerezze
liberi suoni e silenzi
da
orpelli congeniti
che
trascinano con affanno.
…”
Bruno Mancini 1Bruno Mancini è nato a Napoli nel 1943 e risiede ad Ischia dall’età di tre anni.

A lui piace dire che l’origine della sua ispirazione o forse solo un iniziale impulso ancestrale ed istintivo, il vero basilare momento poetico della sua vita, si è concretizzato nell’incontro, propriamente fisico, tra i suoi sensi acerbi, infantili, e le secolari, immutate, tentazioni autoctone dell’Isola d’Ischia, dove le leggi della natura sembravano fluire ancora difese da valori di primitive protezioni.
Anche se aggiunge, con molta auto ironia e con un pizzico di provocazione:

“Le mie primissime esternazioni poetiche le ho espresse in tenerissima età, quando ancora non avevo pronunziato per la prima volta la parola mamma, ed alla fine di ogni abbondante poppata liberavo graziose ispirazioni poetizzando mediante dei rimati vagiti“.

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Vasco e Medea – Vasco e Medea

Vasco e Medea cop

VASCO E MEDEA

Capitolo dodicesimo

-«Sono il padrone della notte e delle donne. Sono mie le donne di notte. Le femmine sguainate luccicanti sui marciapiedi e nei locali di prima grandezza. Provare a togliermi il controllo, è un guaio. Un guaio grosso.

Grossissimo.

Quasi come cercare di togliermi il fazzoletto rosso che porto da sempre intorno al collo.

Un guaio grossissimo che pochi hanno tentato ed ora sono pieni di sfregi.

Una volta la vidi passare indifferentemente in macchina davanti ai nostri posti di lavoro.

A Napoli è difficile lavorare. Qui no. Qui se fai il bravo nessuno ti caca.

A Napoli ti squadrano subito. Appena scendi di sera in una piazza, non dico in una strada, non dico in un vicolo, sei già pappone o puttana.

Ma Napoli è bella:

C’è il sole, la luna e Marechiaro. La gente non si fa i fatti suoi.

Quella signora dopo i primi passi, come si dice… timidi, noi diciamo cazzimmosi, si ripresenta alle due di notte nel Club Italia con la gonna gialla sotto la patana, qui voi dite sopra le ginocchia.

Guarda tutti quanti, e pure me.

Me di più.

Pareva mi conosceva. E ci ho dovuto provare per forza. Stava a casa mia, nel mio territorio, con le cosce da fuori e mi guardava come se mi conosceva. A me, Salvatore il puttaniere!»


A Medea


1


Il piccolo bagliore nel

cesto

di lumache

vinceva avvinghiato da

bolle

vischiose

profondi mongoli sonni.


2

Così Medea scoprì il suo

sesso

innaturale

fendendo sfregiando fra

panche

d’intimoriti

silenzi maciullati in urla.


3

Se invece fosti femmina

anima

aliena

the stardust melody show

inno

pacchiano

al mio ottuso incarnato destino.


A Vasco


1

A cavallo dell’orso

scimmiotta

la folla disseminata

nel prato di uno stadio

Ah Vasco!

tra fumo stellare

il verso del lupo nella steppa

Uhh Uhh Uhh.


2

Ritorna assassino

nell’ombra  ballerina dei vincenti

il fallo abbandonato

nella doccia

Ah Vasco!

per uomini incerti

in teneri sguardi alla luna

Uhh Uhh Uhh.


3

Quando

un giorno avrai uno specchio

avrai due occhi

per ascoltare una canzone

in solitudine

Ah! Vasco

dimmi quel posto.

Io vengo.

Uhh Uhh Uhh



A VASCO E MEDEA


Ancora non si placa

l’eco

maledetta

del suo urlo

tra le braccia

rosse

bastardo.


Ancora non è fermo

il disco

uhh uhh uhh

la notte non è più

sicura

bambina.


Ancora non è sopita

l’eco

indecente volteggio

sul letto acciottolato

di Medea.

Scorrono nelle case

i volti

falsate riprese

sul palco rosso

del tiranno.


Vasco e Medea

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